giovedì 10 luglio 2014

Preghiera

Dove sei ora?
Ti cerco da anni fra gli incroci americani e i distributori di benzina.
Nei deserti e fra le montagne solitarie. Ma non ti trovo più. Ti ho amato con tutte le forze che avevo, e tu mi hai lasciato qui da solo. Io volevo soltanto renderti felice, volevo coronare ogni tuo sogno e farti vivere come un re. Volevo cavalcare con te ogni alba, ogni tramonto, ogni bacio infinito, ogni pianto e ogni risata. Adesso sono arido. Sono perduto in un limbo in cui tutto è diventato una pece invisibile che mi incolla al terreno. Ma non è terreno, perchè se lo fosse potrei sentirlo freddo sotto le mie ossa. Non è nulla. O forse, è proprio il nulla.
Se credessi in un dio, mi piegherei verso est per pregarlo. Se amassi una donna, le chiederei la mano per salvare la mia anima. Se avessi passione, dormirei accanto alla mia chitarra ogni notte per sognare la mia prossima canzone. Se fossi un tossico, mi drogherei per guardare il cielo stellato cadere su di me ogni notte. Se fossi un minatore, piangerei ogni sera dal dolore che mi spacca le mani impolverate. Se fossi io, scapperei via da questo mondo di suprusi per andarmene sotto l'ombra del mio albero.

Ti chiedo umilmente perdono.
Perdono per quello che ti ho fatto durante questi anni mostruosi.
Questi anni di dolore e oscuritá.
Questi anni di sogni offuscati, di notti perdute, di giorni riflessi sul soffitto della mia stanza.


Una strana stanchezza mi sta abbracciando da qualche tempo. Una stanchezza che mi fa paura.
Che non giunge alla sera, e che non passa col risveglio. Una stanchezza senza lotta. Una di quelle che un giorno o l'altro ti uccide. Vorrei tanto pregare, anche se non posso.
E allora direi: "ti prego, buon Dio. Ti prego, salva la mia povera anima. Salvami dalla morte. Salvami dal vuoto. Salvami dal nulla. Restituiscimi l'amore, o Signore. Restutuiscimi la tenerezza ed il perdono. Restutiscimi le cose che ho perso nella convinzione di non meritare nulla. Ti prego, o Signore del cielo e della terra.
Quaggiù mi sento tanto solo e desolato. Quaggiù mi sto sentendo senza speranza, e questo mi fa tanta paura.
Dove sono finite tutte le cose che desideravo? Dove sono finiti tutti i miei sogni? Dove sono finite tutte le mie speranze? Aiutami, buon Dio. Ti prego con tutte le mie forze.
Sarò un uomo per bene.
Sarò un padre amorevole.
Sarò un marito fedele.
Sarò un amante appassionato.
Sarò un onesto lavoratore.
E la sera, quando tornerò a casa dopo aver faticato tutto il giorno, guarderò su in cielo, verso le stelle e la luna, e ti ringrazierò. Sempre. Ogni giorno."

Io ti aspetto, con pazienza.
Non dimenticarti di me.
Non lasciarmi indietro, mio unico amore.


martedì 15 ottobre 2013

Il Signore Oscuro

Un giorno questa sofferenza verrá ripagata. 
Un giorno, il colore dell'erba tornerá ad essere lo stesso dell'infanzia, quando mi perdevo nelle favole che immaginavo sdraiato sui prati di casa. Storie e fiabe dei non ti scordar di me.
il Signore Oscuro, avrá una sua dimora in me, forse, quel giorno. Forse non morirá mai. Ma credo che sará un vecchio signore in pensione, che forse a volte mi servirá...e allora busserò alla porta della sua dimora, e mi rivolgerò a lui come ad un vecchio re, con la riverenza di un giovane guerriero. Quel giorno, saprò chi sono, e perchè. O forse non lo saprò affatto, e non vorrò più saperlo. Quel giorno berrò il latte a colazione, guardando, perso nei miei pensieri e nei miei sogni, la siepe di casa di mamma e papá, ascoltando il cinguettio degli uccelli in primavera, e con naturalezza scivolerò nella mia musica con la stessa emozione di un amante che scivola nella stanza della sua amata, bramoso di amore e passione. Quel giorno saprò amare, dimenticandomi di tutto l'universo conosciuto. Quel giorno, saprò di essere libero perchè respiro, e tutto il mondo sará con me ed io sarò perso nel mondo. 
In quel giorno, ricorderò di questo labirinto, mi ricorderò della miseria che ho vissuto, e porterò questa profonda cicatrice come un segno della mia fortuna. Perchè chi ha visto l'inferno, vivrá il paradiso con eterna gratitudine. E le piccole cose di ogni giorno, non passeranno inosservate. Ringrazierò ogni respiro, colore, dolore, gioia ed emozione che attraverserá il mio cuore. Il mio cuore non sará stanco, ma voglioso. Curioso e voglioso d'amore sará il mio cuore, e me ne prenderò come grandi boccate d'aria di un sommozzatore che risale da una lunga apnea negli abissi. Quel giorno, verrò da te, e faremo un figlio. E sarò un padre innamorato della vita. Sarò un forte guerriero di ogni palco, e un sopravvissuto, rispettoso, e non intimorito, del vecchio Signore Oscuro che dimora nel fondo della mia anima.

mercoledì 18 settembre 2013

Padre.

Se sono bloccato qui,
è colpa tua.
Se ripeto ogni giorno la mia follia maniacale,
è colpa tua.
Se sono pazzo come te,
è colpa tua.
Se non voglio parlarti,
è colpa tua.
Se ogni tuo gesto di affetto mi ferisce,
è colpa tua.
Se quando mi cerchi ti rifuggo,
è colpa tua.
Se non so un cazzo di niente,
è colpa tua.
Se la rabbia mi mangia il cervello come una larva,
è colpa tua.
Se sento l'acqua al collo e l'abisso che mi risucchia,
è colpa tua.
Se non riesco ad amare,
è colpa tua.
Se non riesco a piangere,
è colpa tua.
Se sono qui, di nuovo, a scrivere anzichè vivere,
è colpa tua.

Tu avresti potuto cambiare.
Avresti potuto affrontare la realtà.
Avresti potuto guardare nello specchio,
e decidere di dire a quel bambino di crescere,
prima di creare qualcuno al quale avresti reso la vita un inferno.
Avresti potuto pensare, prima di dire ogni cosa.
Avresti potuto capire che la tua ira, i tuoi scatti, le tue paranoie,
le tue giustificazioni, i tuoi cambi di discorso sempre incentrati sul più
o sul meno, sulle tue esperienze, sui tuoi colleghi, sui tuoi tempi del collegio Nazareno,
sulle tue cene, sui tuoi amici, sull'arte visiva e l'architettura, sono il frutto del tuo terrore
di essere presente. Il tuo terrore di non esistere. Il tuo terrore di perdere tempo.
Il tuo terrore che qualcosa ti venga strappato. Il tuo terrore che qualcosa ti insegua.
Il tuo terrore di ferire gli altri, che ti porta a ferirli sempre. Il tuo terrore che qualcuno ti rompa
le palle. Il tuo terrore di non essere accettato.
Tu non sei stato accettato, quando eri un bambino. Tu hai creduto di averlo superato, ma non è così.
Tu hai creduto di essere diventato adulto perchè hai costruito una casa, hai trovato un lavoro, hai scoperto
proteine, hai sposato una donna, hai fatto dei figli, ma non è così.
Perchè crescere significa guardare l'abisso dritto per dritto, fino a impazzire. E poi, prendersi la dura e inevitabile responsabilità di tornare normale. Di cambiare. Di ritrovare quella fiducia in te stesso che ti fa sapere che tutto quello che fai e sei è solo tuo e di nessun altro. Che puoi davvero ascoltare gli altri, perderti nei loro sogni, dimostrare la tua fiducia e la tua curiosità, perchè ciò che sei tu non sparisce, non si dissolve, è sempre li ad aspettarti. Tu soffri di insonnia perchè hai paura di dormire, hai paura di svegliarti e non esserci più.
E io pago per questo.
Pago con la mania compulsiva.
Pago con le mie mani e la mia mente che si ribellano e mi impediscono di suonare.
Mi impediscono di imparare.
Mi impediscono di sognare.
Mi impediscono di amare.
Mi impediscono di vivere.
Perchè mi sento una merda.
Perchè mi sento colpevole.
Perchè mi sento piccolo e incapace.
Perchè mi sento perso e senza senso.
Perchè non mi sento in diritto di credere,
di sognare,
di sperimentare,
di fallire e rialzarmi,
di partire per un viaggio a Parigi e dimenticarmi tutto il mondo,
di fare l'amore come se fosse l'ultima volta, di dire fanculo a tutti
me ne vado sullo skateboard, di dire fanculo al mio lavoro e ai miei colleghi io sono più della
somma delle cose che faccio, di pensare che per amore potrei anche mollare ogni singola cosa,
perchè l'amore è tutto, e la vita è amore, di impazzire urlare cantare suonare scrivere comporre conoscere perdermi.
Io tutte queste cose non le so fare perchè tu non le sai fare.
E si insegna ciò che si è, e non ciò che si vuole insegnare.
Anche perchè se una cosa non la sei, non la sai.
E adesso, vediamo se capisci perchè non serve a un cazzo essere fiero di me quando non ci sono,
ma andartene, alzarti da tavola compulsivamente, andare in bagno, andare in camera, andare in giardino, quando io parlo di me. Quando metto su la mia musica. Quando suono la chitarra. Quando mostro una fotografia.

Io vivo nell'abisso.
Perchè la mia rabbia mi ci tiene.
La rabbia verso di te.
O peggio ancora, verso la figura di te che ho proiettato dentro di me, e che ogni giorno rivomito su di te.
Probabilmente io nemmeno ce l'ho con te.
Ma questo, padre, è il risultato delle tue azioni.
Pensaci, nella prossima vita.
Pensaci davvero.


martedì 17 settembre 2013

La guerra dei trent'anni

Dove ti trovi?
Non ti vedo
Eri qui, un istante fa.
Eri qui con me. 
Facevi colazione e ti perdevi dentro al mondo
fra le cose e i sogni
fra desideri e fughe romantiche
fra canzoni e note perfette.
L'oro scolava liquido dalle tue mani
dalla tua bocca
si riversava per le strade e le inondava
spazzando via le automobili e le persone.
Un disastro naturale nel delirio di un malato.
Malato.
Ammalato.
Cosa ha interrotto questa linea
che riunisce volontà e potere
che riscalda l'animo e mette ali
per provare
per fallire
per amare
per cercare
e trovare.
Oggi sono impersonale
oggi sono vuoto e privo di arte
oggi di nuovo perdo la guerra.
La guerra dei trent'anni.
L'anno prossimo saranno trent'uno.